A cura di Flaviano GARRITANO con la collaborazione di Ernesto BELLOMO e Alessandro CRISAFULLI - Editore LIBRITALIA EDIZIONI
In queste terre di Calabria i monaci hanno seguito perfettamente l’insegnamento di san Bernardo di Chiaravalle, insediandosi sempre in luoghi ameni per estraniarsi dal mondo ed applicare la loro regola ′′Ora et labora′′. Con le loro abbazie essi sono riusciti nel tempo a cingere tutta la Sila, da nord a sud, da est ed a ovest, come con una corona monastica che ancora oggi risulta molto impervia da raggiungere e molto fredda nei mesi invernali. La ′′strada cistercense′′, latina, tracciata dai monaci nella nostra terra, si è fatta spazio a discapito dei bizantini ed ha aperto le porte alla Chiesa di Roma, che nel Regno di Sicilia aveva perso il controllo del territorio. I Normanni furono grandi benefattori dell’Ordine cistercense, sin dalla fondazione della Sambucina nella prima metà del XII secolo. E grazie al conte Goffredo di Loritello, attraverso la donazione pro anima della madre, contessa Berta, i monaci inviati da san Bernardo si insediarono dove già esisteva un antichissimo monastero benedettino, detto S. Maria Requisita. Con i cistercensi esso divenne la Sambucina, con primo abate Sigismondo. Nei secoli, specialmente nel XII e XIII, essa ha conosciuto un rapido sviluppo grazie alle moltissime donazioni da parte dei regnanti e ha ricevuto grande considerazione da diverse personalità religiose del tempo, come l’arcivescovo di Palermo Gualtiero Offamilio1 (1169-1190). Egli affidò l’abbazia di Santo Spirito di Palermo (detta dei vespri) proprio ai cistercensi della
Sambucina, di cui divenne filia.